Polignano a Mare - Gioia Tauro
Sulle strade di una vecchia
gara a tappe mai ripetuta
Il Giro dei Tre Mari è una storica corsa a tappe di ciclismo che si disputava nelle regioni del Sud Italia. Venne organizzata solo quattro volte ma ha lasciato un certo ricordo tra gli appassionati e nei territori attraversati.
Il nome derivava dal fatto che il percorso toccava i tre mari dell’Italia meridionale:
il Mare Adriatico, il Mar Ionio e il Mar Tirreno.
Era organizzato in tappe, simile al Giro d’Italia, ma su
un percorso più breve. Era molto popolare tra i ciclisti
emergenti e alcuni corridori affermati dell’epoca, fornendo un palcoscenico ideale per mettersi in mostra gareggiando in percorsi impegnativi e scenografici.
Dopo un epico inizio fu sospeso e poi ripreso, ma dopo poche edizioni non fu riproposto mai più.
I mari,
tra leggenda e mito
Dalle acque pare sia cominciato tutto! Innanzitutto la vita, ma anche tutti quegli aspetti che hanno plasmato la natura dell’essere umano e decretato l’evolversi delle vicende storiche dei popoli e dell’umanità intera. L’acqua, simbolo di purezza e di benedizione, da sempre garantisce la
sopravvivenza. Intorno ai fiumi sono sorte le grandi civiltà del passato e i mari rappresentano da sempre la più grande sfida per gli individui e le comunità.
L’acqua ricopre interamente la terra e solo su una piccola parte di essa sono possibili la vita, le relazioni e la convivenza. L’immensità delle acque ci rende piccoli, vulnerabili e impotenti, ma nello stesso tempo quella vastità infinita è stimolo alla ricerca, all’avventura, all’affermazione e alla prova estrema con se stessi e con il destino, per molto tempo anche alla sfida e al sacrificio nei confronti di Dio.
L’acqua che riempie i mari e gli oceani, ha disegnato e dato forma ai continenti, profila gli orizzonti, da sempre suscita l’immaginare dell’ignoto, dell’infinito e dell’eterno, trasmette quel senso di grandezza, di affermazione e di benessere che è insito nella natura umana. Ma alla pacata dolcezza dei mari e al beneficio del clima e della natura che li circonda si associano anche immagini di tempeste, di inondazioni e di distruzione. Così, insieme alle pacifiche e soavi storie e sensazioni che narrano di mari e di viaggi nello spazio e nel tempo, alla scoperta di isole incontaminate e di terre lussureggianti si tramandano racconti di incombenti pericoli e di tragici naufragi, di lotte cruenti e di mostri insaziabili, di ciclopiche quanto invincibili battaglie e di ire insolenti di mitologiche divinità e creature marine. Miti e leggende hanno dato nome ai mari e agli oceani. Fatti di mare e situazioni incredibili hanno definito coste e golfi, messo in guardia da correnti marine e passaggi pericolosi, romanzato le storie e le vite di navigatori coraggiosi, raccontato di imprese e di epiche traversate.
Il nostro Paese è (quasi) tutto circondato dal mare, ma non da un mare solo, da “tanti e diversi mari” che hanno rappresentato nei millenni la culla della storia dell’umanità con quell’intreccio di relazioni, di conoscenze e di culture che lo hanno reso grande, ricco, unico. Questo è il motivo che maggiormente ci stimola all’approfondimento di questo nuovo progetto ciclistico, escursionistico ed esperienziale della “Corsa dei tre mari”. Vogliamo andare a cercare ciò che c’è stato, a scoprire ciò che ancora resta ed è lì ad aspettarci, ad esplorare territori magari già visitati ma capaci di suscitare emozioni nuove se visti e raccontati in modo diverso dal solito.
In pochi chilometri il sud del nostro Paese offre coste e paesaggi unici e meravigliosi, natura incontrastata ed aree monumentali quasi intatte, località e regioni dai nomi suggestivi che pur nell’attualità dei tempi richiamo ad antiche ed orgogliose vicende, a popoli lontani nel tempo, a passaggi di navi, di eserciti e di pellegrini, all’ancestrale appartenenza al mito, al sublime, all’eterno.
Proponiamo una nuova avventura e una inedita ricerca, una sorta di “navigazione ciclistica” che, come dei moderni Ulisse (che proprio in questi nostri mari visse, con i suoi compagni, alcune tra le sue più importanti esperienze), sappia portarci “alla conoscenza e alla virtù”. In questi tempi difficili ce n’è un gran bisogno!
“Il mare è mito e leggenda,
emana un potere che
influisce sulla storia
dell’uomo.
È amore e distacco
bellezza e solitudine.”
Romano Battaglia
Il giro,
dei Tre Mari
Con il nome di “Giro ciclistico dei Tre Mari” nacque nel 1919 una corsa a tappe per professionisti che si svolgeva tutta nelle regioni del sud Italia. Il nome traeva origine dal fatto che il percorso andava a toccare tutti e tre i mari del Meridione (Adriatico, Jonio e Tirreno). Purtroppo se ne svolsero solamente quattro edizioni, neppure consecutive tra di loro: 1919, 1920, 1938 e 1949. Una breve corsa a tappe, organizzata dal giornale “Il Mattino” di Napoli, che comunque esaltò i territori attraversati, seppe inserirsi egregiamente nella cronaca sportiva dell’epoca ed ebbe come vincitori dei buoni corridori.
Il Giro d’Italia era arrivato ad una manciata di edizioni (sei per la precisione, dal 1909 al 1914, poi c’era stata l’interruzione della Grande Guerra), ma proprio in quello stesso anno trovò la definitiva consacrazione con le gesta di Costante Girardengo, il primo “Campionissimo” della storia del ciclismo. Fu probabilmente la concorrenza sportiva ed economica con il Giro e la difficile collocazione nel calendario ciclistico nazionale e poi internazionale (il Tour si correva dal 1903, ma era essenzialmente una questione tra francesi e belgi) ad impedire l’affermazione ed il prosieguo della nuova competizione.
Il plurivincitore del Giro dei Tre Mari è certamente Ottavio Pratesi, un carpentiere toscano soprannominato “il falco di Macchiaverde”. Pratesi si aggiudicò le edizioni del 1919 e del 1920 e in entrambi gli anni vinse anche quattro delle dieci tappe. Cinque vittorie di tappa le ottenne nel 1919 il romano Giuseppe Pifferi, all’ultima stagione di una discreta carriera interrotta dalla guerra. Invece il belga Hubert Deltour è stato l’unico ciclista straniero ad imporsi in questa competizione (tre tappe nel 1938, insieme alla classifica di miglior scalatore).
In pochi chilometri il sud del nostro Paese offre coste e paesaggi unici e meravigliosi, natura incontrastata ed aree monumentali quasi intatte, località e regioni dai nomi suggestivi che pur nell’attualità dei tempi richiamo ad antiche ed orgogliose vicende, a popoli lontani nel tempo, a passaggi di navi, di eserciti e di pellegrini, all’ancestrale appartenenza al mito, al sublime, all’eterno.
Le edizioni del 1919 e del 1920 partirono e arrivarono a Napoli nella tarda estate (4-23 luglio 1919 e 18 agosto-5 settembre 1920). Conosciamo le tappe e i loro vincitori, ma non i piazzati, né i chilometraggi precisi. Evidentemente si trattò di edizioni veramente pionieristiche per la nuova corsa.
Della corsa del 1938 (18 anni dopo!) gli archivi dell’Istituto Luce documentano, con la migliore retorica del ventennio, la partenza da Roma e l’arrivo della prima frazione a L’Aquila. Sappiamo che le tappe furono 11, i chilometri percorsi 1934 e la media finale 30,925 km/h. Vincitore fu Enrico Mollo, torinese e primo al Lombardia del 1935, che si aggiudicò il Giro senza vincere alcuna tappa. Tra i vincitori di giornata: Cino Cinelli (futuro e pregiato imprenditore) e Adolfo Leoni (campione del mondo dilettanti nel 1937).
Come detto, quella del 1949 fu l’ultima edizione (11 anni dopo la precedente!) della corsa: 1854 km in nove tappe, da Bari a Roma, e un vincitore di tutto rispetto, Pasquale Fornara. Piemontese di Borgomanero, in quel primo anno tra i “pro” Pasqualino Fornara mise in mostra tutta la sua classe e quello bagnato dai mari italici fu il primo di una serie di successi che lo avrebbero poi indicato come uno dei corridori più rappresentativi degli anni cinquanta: quattro Giri di Svizzera (record assoluto e ancora imbattuto), un Giro di Romandia, secondo alla Vuelta del 1958, terzo al Giro del 1953 dietro a Fausto Coppi e Hugo Koblet, quarto al Tour del 1955 vinto da Louison Bobet. Suo sarebbe stato il Giro d’Italia del 1956 se sul Monte Bondone, in maglia rosa la terz’ultima tappa, una tormenta di neve non lo avesse assiderato costringendolo al ritiro insieme ad altri 43 corridori. Quel giorno il dio dei venti e delle acque, che in passato lo aveva esaltato lungo i mari del sud, lo costrinse alla resa.